In qualità di Segretario Generale Vicario del Nuovo Sindacato Carabinieri, ho fortemente voluto questa intervista con il neo Segretario Provinciale di Roma Fabio Manganaro. La sua vicenda personale e professionale rappresenta un esempio lampante degli effetti devastanti che determinate situazioni professionali possono avere sulla dignità e sulla carriera di un servitore dello Stato. Attraverso le sue parole, intendiamo non solo fare luce su un’esperienza complessa e ingiusta, ma anche dimostrare concretamente il ruolo cruciale e il supporto incondizionato che il nostro sindacato, il Nuovo Sindacato Carabinieri, può e deve offrire a tutti i colleghi nel momento del bisogno.
Fabio, iniziamo dal Nuovo Sindacato Carabinieri per andare poi a ritroso nel tempo, desideri esprimere un tuo pensiero per la recente elezione a Segretario Provinciale di Roma?
Certamente. In qualità di neo Segretario Provinciale di Roma del Nuovo Sindacato Carabinieri, desidero esprimere il mio più sentito ringraziamento a tutte le colleghe e a tutti i colleghi del Sindacato per la fiducia e la stima che mi avete voluto accordare. Un ringraziamento particolare lo rivolgo a te, a Ilario Castello, a Irene Carpanese e alle segreterie provinciale di Roma e regionale del Lazio per la fiducia nella mia persona e la solidarietà che mi avete dimostrato.
Ti va di ripercorrere brevemente la tua vicenda, che a ben dire ha avuto un’ampia risonanza mediatica?
Come molti ormai sanno, la mia vicenda ha avuto inizio nel luglio del 2019, all’indomani del tragico omicidio del nostro collega, il Brigadiere Mario Cerciello Rega. La diffusione della fotografia del cittadino americano Gabriel Natale Hjorth, ritratto in caserma con un foulard a copertura degli occhi, suscitò un clamore mediatico di rilevanza sia nazionale che internazionale. Sin da subito mi assunsi pienamente la responsabilità dell’adozione di una procedura operativa non convenzionale, redigendo una relazione di servizio per spiegare le motivazioni che mi avevano indotto a tale scelta in un contesto operativo estremamente delicato.
Come hai vissuto le reazioni istituzionali e mediatiche dell’epoca?
Nonostante la mia spiegazione, fui sottoposto ad un’immediata e severissima condanna mediatica. Ancora oggi non riesco ad accettare e comprendere le dichiarazioni dell’allora Presidente del Consiglio, Avv. Giuseppe Conte, il quale affermò pubblicamente che il mio operato non fosse in linea con i valori del nostro Paese, ipotizzando addirittura la commissione di uno o più reati. Tali dichiarazioni hanno acceso un ampio dibattuto politico con l’allora Ministro dell’Interno che cercò invano di riportare l’attenzione sulla morte del collega Cerciello e non sulla disputa che si stava creando in ordine al bendaggio. In tutto ciò, invece di ricevere tutela e comprensione dalla scala gerarchica dell’epoca, l’allora Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, Giovanni Nistri, avallò quelle posizioni, definendo il mio operato “inammissibile” e disponendo il mio immediato trasferimento ad un incarico non operativo. A ciò seguì un procedimento disciplinare di Stato, conclusosi con una sanzione particolarmente gravosa: sei mesi di sospensione dal servizio.
Tornando alle fasi iniziali della vicenda e ai procedimenti che ti hanno coinvolto, quali criticità o mancanze hai riscontrato nell’operato dell’Amministrazione in relazione alle tue richieste istruttorie e al tuo diritto alla difesa?”
Le mie reiterate richieste istruttorie, pienamente fondate e cruciali per una corretta ricostruzione dei fatti, sono state sistematicamente ignorate, privandomi della possibilità di esercitare compiutamente il mio diritto alla difesa. L’Amministrazione, oltre ad aver omesso ogni considerazione del mio stato di servizio – all’epoca dei fatti, oltre vent’anni di servizio con encomi e valutazioni eccellenti – ha respinto senza adeguata motivazione le mie istanze di sospensione del procedimento. Un comportamento che tradisce l’assenza di volontà di garantire equità e trasparenza. A ciò si aggiunge un’inaccettabile selezione arbitraria degli atti da me prodotti, con l’esclusione di documenti essenziali che avrebbero permesso una rappresentazione completa e veritiera dei fatti contestati.
Qual è stato l’esito dei procedimenti giudiziari e disciplinari?
Parallelamente, ho dovuto affrontare un lungo e oneroso procedimento penale, conclusosi il 26 aprile 2024 con la mia piena assoluzione, perché il fatto non costituisce reato a anche il TAR Lazio ha successivamente annullato la sanzione disciplinare di Stato precedentemente irrogata. In questo contesto, il recente provvedimento di archiviazione dell’ultimo procedimento disciplinare di Corpo rappresenta per me un segnale chiaro e incoraggiante: la linea gerarchica attuale valuta i fatti in modo oggettivo, trasparente e rispettoso dei principi di giustizia, basandosi su atti e circostanze concrete. Nel mese di ottobre, inizierà poi un processo civile nei miei confronti per finalizzare e stabilire un eventuale risarcimento economico, da corrispondere a Gabriel Natale Hjorth per il presunto danno subito.
Siamo certi che la verità sarà l’unica protagonista anche nei prossimi tempi, ma parlando di ciò che è stato, desideri esprimere un pensiero per chi ti ha sostenuto in questi anni?
Mi sento in dovere di ringraziare i miei genitori, per il sostegno morale ed economico che non mi hanno mai fatto mancare; i miei legali, il Prof. Roberto De Vita e l’Avv. Valentina Guerrisi, per la loro straordinaria professionalità e determinazione; e il Senatore Maurizio Gasparri, che ha seguito con attenzione e sensibilità tutte le fasi della mia vicenda giudiziaria, esprimendomi in più occasioni la sua concreta vicinanza. Naturalmente poi siete arrivati voi di NSC e mi avete ridato quella fiducia che un po’ si era smarrita tanto che oggi sono anch’io di questa squadra.
Un trascorso turbolento che sicuramente ha investito anche la tua famiglia?
Oltre a chi non mi ha mai abbandonato in questi lunghi e difficili anni, sento il bisogno profondo di rivolgere le mie scuse ai miei figli, Giulia e Flavio. A loro chiedo perdono per non essere stato, in questi anni, il padre sereno che ogni figlio meriterebbe e che ogni uomo onesto ha il diritto di essere. Una condizione resa ancora più dolorosa dalla separazione familiare, che quattro anni fa hanno dovuto affrontare e subire. Nonostante tutto ciò, questa esperienza mi ha fortificato e mi ha fatto comprendere la necessità di valorizzare il supporto per i nostri colleghi che possono trovarsi in situazioni simili, e questo mi incita con più forza e convinzione al mio impegno sindacale, al servizio dei colleghi dell’Arma, affinché nessun Carabiniere si senta mai solo nel momento del bisogno.
All’epilogo di questa vicenda che ti ha segnato profondamente vuoi lanciare un messaggio?
Ho scelto di far parte del sindacato perché dopo tutto quello che mi è accaduto, voglio battermi con determinazione affinché simili abusi non si ripetano mai più. Il rispetto delle garanzie difensive e dei diritti fondamentali del personale è un principio irrinunciabile che nessuna Amministrazione dovrebbe permettersi di calpestare. Invito tutte e tutti i colleghi a non rimanere in silenzio di fronte a comportamenti ingiusti e lesivi della nostra dignità professionale e di iscriversi alle APCSM perché sono gruppi di persone formati da Carabinieri che possono offrire il giusto supporto in caso di bisogno. Solo restando uniti potremo difendere i valori del nostro lavoro e il rispetto che ci è dovuto.
Le considerazioni del Segretario Generale Vicario Michele Capece
Le parole del Maresciallo Manganaro confermano quanto la sua vicenda sia stata un esempio emblematico delle distorsioni che possono scaturire da una narrazione incompleta e sensazionalistica. Come Segretario Generale Aggiunto del Nuovo Sindacato Carabinieri esprimo l’indignazione per il calvario mediatico e istituzionale che ingiustamente gli era stato inflitto ma anche la profonda soddisfazione per l’epilogo della vicenda.
Il gesto del bendaggio fu immortalato in una fotografia che scatenò giudizi affrettati a cui seguirono affermazioni da parte di figure istituzionali di primo piano, inclusi l’allora Presidente del Consiglio e parte della scala gerarchica dell’Arma. Tali dichiarazioni, proferite senza attendere la sentenza, alimentarono un clima di sfiducia e pre-condannarono un militare che agiva unicamente nell’interesse della giustizia e della sicurezza pubblica. Questo atteggiamento ha poi avuto ripercussioni devastanti sulla vita professionale e personale del Maresciallo Manganaro, costringendolo ad affrontare un lungo e doloroso iter giudiziario.
Saranno poi le motivazioni della sentenza a sconfessare le dichiarazioni che furono espresse fuori dall’Aula del Tribunale e che chiariranno come la condotta fosse animata esclusivamente dalla volontà di proteggere l’integrità del soggetto e di favorire gli atti di polizia giudiziaria. Pochi giorni fa, il 9 luglio anche l’Arma dei Carabinieri ha archiviato definitivamente il procedimento disciplinare di Corpo a suo carico.
Con questo ultimo atto non solo si restituisce al Maresciallo Manganaro la dignità che gli era stata calpestata, ma si segna la fine di un incubo e l’inizio di un percorso di piena riabilitazione con una scala gerarchica diversa che legge, comprende e agisce con le buone pratiche di un’Amministrazione quale deve essere l’Arma dei Carabinieri. Fabio Manganaro ha condotto e vinto da solo una battaglia titanica, una lotta impari contro un’ingiustizia che lo stava annientando e gli Avvocati a sua difesa, il Prof. Roberto De Vita e l’Avv. Valentina Guerrisi hanno dovuto affrontare un processo che ha richiesto tutta la loro, già conosciuta professionalità per accendere quel faro che illuminasse una verità che qualcuno aveva raccontato diversa. E in questo caso il supporto per Fabio è arrivato da chi non ha mai dubitato della sua innocenza, la sua famiglia.
Oggi Fabio Manganaro è il Segretario Provinciale di Roma del Nuovo Sindacato Carabinieri, e a lui va il mio più profondo rispetto per aver combattuto con una forza incredibile. Sono certo che il suo trascorso, la sua inestimabile esperienza e la sua incrollabile determinazione saranno elementi fondamentali nel Nuovo Sindacato Carabinieri per costruire una giustizia equa e favorire la tutela incondizionata dei diritti dei militari.
Quanto accaduto sottolinea con forza l’importanza cruciale di un’informazione equilibrata e responsabile, che contestualizzi gli eventi nella loro completezza e non generalizzi singoli episodi, evitando di compromettere irrimediabilmente la fiducia tra cittadini e forze dell’ordine. Non è in alcun modo tollerabile che la loro dedizione, il loro impegno e il loro supremo sacrificio siano mortificati da giudizi affrettati e da una politica dell’informazione che antepone l’audience alla più elementare responsabilità.
Come Segretario Generale Aggiunto del Nuovo Sindacato Carabinieri, insieme a tutti i dirigenti del nostro sodalizio ed a Fabio Manganaro, continueremo a lottare con ogni nostra forza per il rispetto incondizionato dell’operato delle Forze dell’Ordine e per la tutela intransigente della dignità di ogni singolo militare. Chiediamo a tutti, media, istituzioni e opinione pubblica, di esercitare un approccio responsabile, informato e basato sui fatti, ricordando sempre che in ogni divisa c’è una persona, un cittadino, che paga sulla propria pelle le dichiarazioni irresponsabili e che non rispettano l’etica istituzionale e professionale.