L’importanza del sindacalismo militare: una visione oltre il conflitto. Le riflessioni della Segreteria Regionale di NSC Lazio

Negli ultimi giorni – a seguito di un articolo apparso sul portale sassate.it dal titolo Difesa, l’ agonia del Cocer, tra gli errori madornali della Trenta, il disinteresse di Giorgetti e le sabbie mobili da cui cerca di uscire il generale Rossi – Sassate –  il dibattito sulla rappresentanza sindacale all’interno delle Forze Armate italiane è stata oggetto di ampia discussione tra tutti i militari.
Sono state criticate persino la figura e le decisioni di Elisabetta Trenta, ex ministro della Difesa, posta al centro della tempesta per via di scelte che, sebbene partite da buone intenzioni, hanno portato a una situazione di disarmonia tra le diverse Forze Armate e a una discrepanza nel trattamento dei militari rispetto alle loro necessità di rappresentanza e tutela.
Tuttavia, anziché focalizzarsi esclusivamente sulle problematiche sorte dall’introduzione del sindacalismo militare senza – ahinoi –  una solida base legislativa, è essenziale riconoscere i benefici di una “sindacalizzazione” autonoma e ben strutturata per i membri delle Forze Armate.
Piuttosto che un antagonista nei confronti del datore di lavoro –  in questo caso il Ministero della Difesa e, per estensione, lo Stato – un sindacato può agire anche come un mediatore essenziale per garantire il benessere, la sicurezza e la giustizia per coloro che dedicano la vita alla tutela della nazione.

BENEFICI DEL SINDACALISMO MILITARE 

Il sindacalismo militare, se implementato ancor più correttamente, può offrire numerosi benefici e farsene portatore.
Tra questi, la possibilità di negoziare – senza condizionamento alcuno – condizioni di lavoro più giuste, l’accesso al supporto legale in caso di controversie (alcuni iscritti alla varie APCSM ne usufruiscono già) e una maggiore trasparenza nelle decisioni che influenzano la vita quotidiana dei militari.
Inoltre, un sindacato può fungere da voce collettiva per sollevare questioni importanti come la sicurezza sul lavoro, la qualità delle dotazioni e le situazioni alloggiative, contribuendo a migliorare non solo il benessere individuale dei militari ma anche l’efficacia complessiva della Forza Armata.

VERSO UNA SOLUZIONE COSTRUTTIVA E NON PERSONALISTICA 

La soluzione ai problemi in atto non risiede nel rifiuto o nella critica – nell’accezione negativa del termine – del sindacalismo militare ma nella nella creazione di un quadro normativo solido che ne regoli le attività in modo costruttivo, valorizzando il ruolo dei sindacati come partner nel miglioramento delle condizioni di lavoro e non come avversari come qualcuno, invece, vuole dipingerli/ci.
Ciò richiede un dialogo aperto e propositivo non solo tra i vari Comandi Generali e discendenti Comandanti, ma anche tra i Ministeri della Difesa e dell’Economia, le rappresentanze sindacali e i militari stessi.

 CONCLUSIONI 

La strada verso una rappresentanza sindacale efficace ed equa per i militari è complessa e costellata di sfide.
Comunque, anziché concentrarsi sui fallimenti del passato, è tempo di guardare avanti e riconoscere il potenziale del sindacalismo militare come strumento per promuovere giustizia, equità e miglioramento continuo all’interno delle Forze Armate.
Attraverso una legislazione chiara, un dialogo costruttivo e il riconoscimento dei benefici di una rappresentanza sindacale, è possibile superare gli ostacoli attuali e costruire un futuro migliore per i membri delle Forze Armate italiane.
A scanso di equivoci e per rispondere nel merito di chi afferma che la Rappresentanza Militare fosse “migliore” di ciò che ha partorito l’ex Ministro della Difesa Elisabetta Trenta, rispondiamo che è facile affermarlo per coloro che, a vario titolo, continuano oggi a percepire l’indennità di:

– 110, 00 euro al giorno;

– una o doppia indennità di turnazione;

– straordinari ed esuberi degli stessi;

– indennità oraria maggiorata;

– uno o doppio mancato pasto;

– foglio di viaggio;

– macchine assegnate ad personam (con l’augurio che la Corte dei Conti, una volta chiusa la “stagione della R.M.” avvii una verifica sulla liceità di tutto questo)

…ovvero uno “stipendio” maggiorato, al netto di quanto rappresentato, che varia da un massimo di circa 2.500,00/e oltre fino a un minimo di 800.00/1.000,00 euro.

Troppo facile e semplicistico parlare in questi termini!
Vorremmo, altresì, ricordare allo sconosciuto autore dell’articolo che le numerose richieste e adesioni alle varie Associazioni Professionali a Carattere Sindacale tra Militari stanno proprio a significare che tutti i colleghi, di ogni Forza Armata, non si riconoscono più tutelati dalla ormai obsoleta Rappresentanza Militare che si è sempre “seduta” accanto al datore di lavoro e giammai “di fronte”.

Con l’augurio di una serena e Santa Pasqua…

Orgogliosamente,

 

la Segreteria Regionale Lazio del Nuovo Sindacato Carabinieri

 

 

 

 

IN PRIMO PIANO

FESI, incongruenze inaccettabili e danni incalcolabili. NSC: “Risultato di scelte operate dalle sigle sindacali maggioritarie”

Il Nuovo Sindacato Carabinieri denuncia con fermezza le crescenti incongruenze e discrasie riscontrate nell’erogazione del FESI, il Fondo per l’Efficienza dei Servizi Istituzionali, evidenziando come esse siano il risultato diretto delle scelte operate dalle sigle sindacali maggioritarie – già ex delegati COCER – che, con presunta “scienza” di ogni problematica dell’Arma, hanno causato danni ingenti e incalcolabili.
È inaccettabile che, a causa di tale gestione, i Comandanti di tutti i Reparti d’Italia siano costretti a distogliere la loro attenzione dalle cruciali attività operative per trasformarsi in “ragionieri”: dovranno infatti verificare minuziosamente tutte le presenze e le incongruenze riscontrate negli statini del proprio personale, sottraendo tempo ed energie preziose alla sicurezza e al controllo del territorio.

Riteniamo che lo Stato Maggiore del Comando Generale sia altrettanto responsabile di questa situazione, dimostrando di procedere a braccetto con le sigle del 51%, con l’unico scopo di perseguire interessi personali a discapito di quelli che riguardano tutti i carabinieri.
Chiediamo con forza ai colleghi di dire basta a questa deriva.
È tempo di svegliarsi, di pretendere trasparenza e di riaffermare la propria dignità.

A chi obietta che anche NSC ha sottoscritto l’accordo FESI, rispondiamo con chiarezza: la nostra adesione è stata dettata dalla necessità di salvaguardare numerose richieste cruciali avanzate dallo stesso Nuovo Sindacato Carabinieri e inserite nella progettualità, richieste che non potevamo rischiare di perdere.
È fondamentale che tutti, compreso lo Stato Maggiore, siano consapevoli che siamo pronti a dare battaglia se queste voci progettuali non verranno stabilizzate e riconosciute in via definitiva.
Il Nuovo Sindacato Carabinieri ribadisce il proprio impegno a tutela dei diritti e della dignità di tutti i colleghi e continuerà a vigilare affinché simili inefficienze e ingiustizie non si ripetano.

Ilario Castello, segretario nazionale del Nuovo Sindacato Carabinieri
Antonio Parrella, segretario nazionale del Nuovo Sindacato Carabinieri