La retorica istituzionale verso le Forze dell’Ordine non è mai mancata: celebrazioni, cerimonie, parole di gratitudine.
Ma a questa apparente vicinanza non seguono fatti concreti: gli operatori che ogni giorno garantiscono sicurezza al Paese continuano a vivere tra stipendi insufficienti, prospettive pensionistiche incerte e riforme che aggravano un quadro già compromesso.
La “tredicesima “ha umiliato le famiglie degli operatori.
La busta paga di dicembre, con una tredicesima che molti hanno definito “imbarazzante”, è stata la manifestazione più evidente della distanza tra dichiarazioni politiche e realtà.
Nelle Caserme e nei Commissariati non si è parlato d’altro: nessun reale miglioramento, nessuna risposta alle attese create da mesi di promesse.
Una delusione che ha colpito direttamente le famiglie, già alle prese con un costo della vita sempre più pesante.
Trattando l’argomento “pensioni” poi, una riforma che ignora il rischio operativo: la discussione sull’innalzamento dell’età pensionabile ha ulteriormente alimentato il malcontento.
Nonostante le denunce delle principali sigle sindacali del Comparto Sicurezza e Difesa, la politica continua a non riconoscere la specificità professionale degli operatori: turni massacranti, organici ridotti, responsabilità crescenti e un livello di stress operativo che nessun altro settore sopporta con analoga continuità.
Gli operatori si troveranno costretti a restare in servizio sempre più a lungo, senza adeguate tutele e senza un serio piano di valorizzazione delle carriere.
Per non parlare del cosiddetto “atto dovuto”: se non fosse intervenuto NSC, la politica sarebbe rimasta immobile.
La questione dell’ “atto dovuto” è la prova lampante di un governo più attento all’immagine che alle esigenze reali degli operatori.
Il sistema attuale espone ogni militare a un procedimento automatico anche in caso di interventi legittimi e, per anni, nessuno ha agito.
A rompere questo immobilismo è stato il Nuovo Sindacato Carabinieri che, con una massiccia raccolta di firme, ha portato il problema all’attenzione dell’opinione pubblica e sostenuto un disegno di Legge di superamento.
Solo grazie a questa pressione una parte dell’esecutivo ha avviato un minimo movimento.
Un passo, però, giudicato insufficiente dagli operatori : nessuna garanzia reale, nessuna tutela concreta, nessun cambio di paradigma; senza l’iniziativa del Nuovo Sindacato Carabinieri, tutto sarebbe rimasto nel silenzio.
Tra felpe e telecamere, la politica dimentica le famiglie degli operatori.
L’atteggiamento della politica appare sempre più orientato alla comunicazione e sempre meno alla sostanza.
Ministri e sottosegretari indossano felpe operative per farsi fotografare, parlano di “solidarietà”, ma ignorano i problemi economici delle famiglie degli operatori: stipendi fermi, indennità mai aggiornate, straordinari non adeguatamente compensati e un continuo aumento del costo della vita.
Le principali sigle del Comparto, in primis NSC, lo ripetono da mesi: servono riforme strutturali, non slogan.
Servono investimenti, non passerelle.
In conclusione, serve una svolta reale, non simbolica.
Il Paese continua a chiedere maggiore sicurezza, ma chi questa sicurezza la produce non ha tutele e né condizioni dignitose.
Gli operatori non chiedono privilegi: chiedono rispetto, tutele adeguate, condizioni lavorative sostenibili e un riconoscimento concreto del rischio quotidiano.
Fino a quando la politica continuerà a inginocchiarsi davanti ai caduti e ignorare i vivi, la distanza tra istituzioni e Forze dell’Ordine non potrà che aumentare.
Nizar Bensellam Akalay, segretario generale regionale Toscana del Nuovo Sindacato Carabinieri