Difendere Mario Placanica non è una provocazione, è un dovere morale.
Ancora oggi, a distanza di oltre vent’anni dai tragici fatti del G8 di Genova, si cerca di dipingerlo come un mostro. Ma la verità giudiziaria, quella che spesso si dimentica, parla chiaro: nessuna responsabilità penale, nessuna condanna, solo una vita distrutta da una narrazione ideologica e parziale.
Mario Placanica era un giovane carabiniere di leva, lanciato in un contesto esplosivo, senza l’equipaggiamento adeguato, con ordini confusi e in una città trasformata in un campo di battaglia.
Si è trovato da solo contro una folla inferocita, aggredito, isolato, col mezzo assaltato.
Ha sparato in aria, ha gridato di allontanarsi, ha agito per difendersi.
Nessuno lo dice, ma lo Stato lo ha abbandonato.
Nessuno si indigna per l’odio che ha dovuto subire, per le minacce, per la sua salute compromessa, per la carriera spezzata.
Non dimentichiamo chi ha portato la divisa e ha pagato con la propria vita sociale e personale, solo per aver fatto il proprio dovere in una situazione limite.
Se qualcuno ha sbagliato nella gestione del G8, non era certo Mario Placanica.
Se c’è stata violenza, era anche e soprattutto contro le Forze dell’Ordine, bersaglio facile per chi cavalca l’odio ideologico.
Difendere Mario Placanica vuol dire difendere ogni operatore in divisa mandato allo sbaraglio e poi dimenticato.
Noi stiamo con chi serve lo Stato con onore, anche quando lo Stato si volta dall’altra parte.
Natalino Leobono, capo Ufficio Aggiornamento e Perfezionamento Nuovo Sindacato Carabinieri