Maternità e comando NON sono incompatibili. Giorgi: “È stata una battaglia portata avanti sin dalla fondazione di NSC”

È del 30 gennaio di quest’anno la circolare dove finalmente, nero su bianco, il Comando Generale dell’Arma dà atto che l’incarico di comando va mantenuto anche durante la gravidanza e nei sette mesi successivi al parto. Già nel 2020 la Presidente NSC Monica Giorgi era formalmente intervenuta in argomento scrivendo una lettera al Comando Generale a seguito di varie segnalazioni ricevute da colleghe alle quali, tanto per fare un esempio, era stato impedito di comandare – anche solo interinalmente – un Comando Stazione o una Sezione Radiomobile nei periodi sopra citati, nonostante le stesse avessero prospettato ai superiori la volontà di mantenere il loro incarico. Detto impedimento ha comportato, per quelle colleghe, l’aver vissuto un senso di mortificazione professionale oltre che l’oggettiva perdita dei punteggi relativi al comando riferiti a quei periodi.  

Come NSC riteniamo però che, nonostante questi passi avanti, ci sia ancora tanto da fare: ci chiediamo come sia possibile che in quasi 23 anni di donne nelle FFAA non sia ancora stato prodotto un Decreto del Ministero della Difesa per individuare quelli che sono gli incarichi pericolosi, faticosi e insalubri che il personale femminile delle FFAA non può svolgere durante il periodo di gravidanza e fino ai sette mesi successivi dopo il parto. Eppure, l’art. 9 del D.L.vo n. 151/01 prevede, per le appartenenti alla Polizia di Stato, al Corpo della Polizia Penitenziaria e ai Corpi di Polizia Municipale, il chiaro e semplice divieto di adibire il personale femminile al lavoro operativo durante la gravidanza. Nell’Arma ad oggi non è stato chiarito cosa una donna in gravidanza può fare o non fare. Molti comandanti si trovano in difficoltà perché devono affidarsi al buonsenso per decidere come impiegare una propria collaboratrice: dalle situazioni che ci vengono segnalate, abbiamo compreso che si passa da situazioni di iperprotezione verso le colleghe ad altre in cui vengono formulate valutazioni tutt’altro che ragionevoli, decidendo magari di impiegare, per fare un esempio, la collega in stato interessante nella ricezione del pubblico (con tutti i rischi del caso) oppure in archivio a sistemare pesanti faldoni salendo su una scala. Quando prospettiamo l’inopportunità di taluni impieghi, ci viene risposto che: “Non sta scritto da nessuna parte che non è previsto”. La confusione è tanta ma è bene ricordare che la responsabilità ricade, in questi casi, in capo anche a quei comandanti che senza delle chiare disposizioni finiscono per non tutelare le madri lavoratrici. 

Ci auguriamo pertanto che presto vengano fornite delle linee guida sull’impiego del personale femminile dallo stato di gravidanza sino al compimento del settimo mese di età del figlio, magari fornendo indicazioni, in linea con le voci presenti nel memoriale elettronico, in cui vengano distinte le mansioni per le quali, nei periodi sopra indicati, le madri lavoratrici potranno essere impiegate da quelle che dovranno essere loro inibite.

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